ANTONIO VENEZIANO

Nacque all’inizio del 1543 a Monreale (Palermo), nel quartiere del Pozzillo, e dopo aver studiato presso un collegio di Gesuiti, fu al centro di una lunga serie di problemi giudiziari: prima con la famiglia per questioni d’eredità, poi anche per un presunto assassinio e un rapimento. Un personaggio dalla vita avventurosa che lo invischiarono in vicende dai contorni torbidi. 
Salpato per seguire Carlo d’Aragona, venne imprigionato ad Algeri dove conobbe Miguel de Cervantes (l’autore di Don Chisciotte) e ne divenne amico,tanto da dedicargli, nel 1579, una epistola in dodici ottave, opera che l’autore del Don Chisciotte reputò di un certo valore tanto che quasi settanta versi vennero reinseriti nella commedia El trato de Argel che narra della prigionia in Algeri.

Che l’amicizia fosse venata di ammirazione da parte di Cervantes, lo si deduce dalla novella El amante liberal in cui lo spagnolo narra di un prigioniero siciliano che sapeva magnificare, nel ricordo, la bellezza della sua donna esprimendosi in versi sublimi.

Probabilmente si trattava della Celia, l’opera più famosa del Veneziano, dedicata alla donna amata, che alcuni identificano in una nipote, altri nella vice regina di Sicilia, altri in Isabella La Turri e altri ancora in Franceschella Porretta.
Nel 1579 Antonio Veneziano venne liberato e tornò in Sicilia. Nel 1588 fu imprigionato per aver scritto un libello contro il governo. Morì, nel 1593, a Palermo per lo scoppio della polveriera, nel carcere del Castello a Mare accanto al porto nel golfo di Palermo. La leggenda narra che il suo corpo fu rinvenuto tra le macerie con un grappolo di uva in mano.
Scrisse eleganti epigrammi latini e prose volgari, ma gli diedero maggior fama le improvvisazioni in dialetto siciliano.Tre poemi d’argomento equivoco; quattro trionfi di cui uno in spagnolo, intermezzi poetici per commedie, sacre rappresentazioni. Alcune sue ottave sono state raccolte nel 1967 in un volume chiamato Ottave e curato da A. Rigoli. 

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