Antonino Leto

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14 November 2022

Antonino Leto nacque a Monreale il 14 giugno 1844. Grazie a un assegno mensile del comune natale nel 1860 si trasferì a Palermo dove studiò pittura con Luigi Barba, autore di quadri storici. L’anno seguente Leto iniziò a frequentare lo studio del pittore paesaggista Luigi Lojacono; qui conobbe il figlio di questi, Francesco, e si avvicinò così ai dettami del verismo naturalista. Nel 1864 si recò a Napoli per continuare gli studi; sperimentò i modi di Palizzi, esponente del verismo positivistico, ma fu particolarmente attratto dalla pittura di Giuseppe De Nittis e dalla poetica innovativa dei pittori della Scuola di Resina. Sulla scorta della scuola macchiaiola, questo movimento sosteneva lo studio dal vero e una resa più libera del reale. Rientrato a Palermo per motivi di salute, conobbe il Senatore Ignazio Florio; questi gli commissionò una veduta dello stabilimento enologico da lui fondato a Marsala. Nel 1870 vinse la medaglia d’argento alla Mostra artistica di Palermo con il dipinto Ritorno al pascolo e l’anno successivo quella d’oro all’Esposizione Regionale di Siracusa con il quadro La bufera. Nel 1873, sussidiato da Ignazio Florio, soggiornò a Portici, dove eseguì studi dal vero sul paesaggio vesuviano con i pittori della Scuola di Resina, e a Roma dove strinse amicizia con Francesco Paolo Michetti, del quale assimilò le tematiche agresti. L’anno successivo a Roma vinse il concorso per il Pensionato artistico con l’opera La raccolta delle olive, strettamente ispirata ai modi di rappresentare di Palizzi e Lojacono. A causa della salute cagionevole, chiese e ottenne il trasferimento del pensionato artistico da Roma a Firenze, dove rimase sino al 1878. Nel capoluogo toscano approfondì la conoscenza della corrente macchiaiola e acquisì una tecnica pittorica più essenziale. Tra il 1879 e il 1880 si recò a Parigi su invito del famoso mercante Goupil, per il quale lavorava già De Nittis. Proprio da questo artista, Leto acquisì i modi e i temi di derivazione impressionista, individuabili negli scenari urbani. Rientrato a Palermo a causa dell’insalubre clima parigino che lo stremò nel corpo e nello spirito, fu ospite del Senatore Florio; questi gli commissionò, alcune decorazioni per la villa all’Olivuzza e per quella ai Colli e dopo una visita a Favignana – durante la quale Leto probabilmente assistette a una mattanza – un dipinto che raffigurasse la pesca del tonno. Il dipinto ebbe una lunga e travagliata gestazione, iniziato, infatti, nel 1881 fu ultimato e consegnato soltanto nel 1887. Gli anni Ottanta furono per Leto molto proficui sia per la qualità sia per la ricchezza della produzione artistica; i temi prediletti tornarono a essere quelli incentrati sulla natura e ispirati dalla semplicità della vita condotta dalle persone che in essa operano. Nel 1882, prima di recarsi a Capri, partecipò all’Esposizione di Torino con Bosco di Portici e Centodieci anni a Ischia; l’anno seguente partecipò all’Esposizione Nazionale di Belle Arti di Roma con I funari di Torre del Greco, quadro questo che riscosse un enorme successo e che fu elogiato da D’Annunzio sul settimanale “Fanfulla della domenica”. Presente a varie esposizioni nazionali e internazionali a Nizza, a Parigi e a Londra, nel 1889 l’artista si trasferì definitivamente a Capri, sostenuto economicamente dagli acquisti di antiquari francesi, tedeschi e del collezionista Krupp. All’esposizione della Promotrice Napoletana del 1890, Leto presentò Un dettaglio della pesca del tonno in Sicilia, realizzato tra il 1881 e il 1884, di dimensioni ridotte e di impianto compositivo diverso rispetto alla grande tela del 1887. Negli anni capresi, lo stile di Antonino Leto è ormai pienamente definito: il pieno equilibrio tra il preciso impianto disegnativo e la stesura del colore è stato raggiunto; attenta ed emozionata rimane l’attenzione per la natura. Gli uomini e il paesaggio dell’isola di Capri furono fonte continua d’ispirazione per l’artista: pescatori, fanciulle e donne dalla fresca bellezza immersi nella luce solare e impegnati in attività quotidiane popolano le sue tele. Nel 1910 espose alla Biennale di Venezia Marina di Catiello e Dietro la piccola marina. Il 31 maggio 1913 morì a Capri, in miseria e ormai lontano dai circuiti commerciali dell’arte. Per approfondire l’argomento:

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